Francesco Bianco (Roma Sapienza) / till stellino (Heidelberg)

Sulla lingua degli avvisi pubblici in Italia e in Germania: primi risultati*

1. Testi burocratici e avvisi pubblici 

Definire la categoria degli avvisi1 pubblici non è cosa da poco: questa etichetta si può infatti applicare ad una serie piuttosto vasta ed eterogenea di testi, dei quali sarebbe arduo trovare il minimo comun denominatore.

In questa sede consideriamo gli «avvisi al pubblico»2 (utenza o clientela) come veicoli di comunicazione pubblica: li si può considerare quasi una sottocategoria dei testi burocratici, per l'ampio uso che ne fanno le pubbliche amministrazioni. Inoltre, come vedremo, anche gli altri soggetti che influenzano la vita pubblica dei cittadini (aziende, esercizi commerciali, associazioni, etc.)3 e che producono avvisi pubblici ispirano il proprio comportamento linguistico alla tradizione discorsiva burocratico-amministrativa.

Non esiste una classificazione linguistica univoca, generalmente accettata, dei testi burocratici: Heinemann - Viehweger parlano genericamente di «controllo dell’atto» (Handlungssteuerung) da parte dei testi amministrativi4; altri (come Wagner) pongono l’accento sulla loro funzione informativa5, sul loro carattere «pubblico» (Gülich - Raible)6, sull’esecuzione di un atto illocutivo con un effetto perlocutivo (Snell-Hornby)7 o sulla rielaborazione di conoscenze (Becker-Mrotzek - Scherner)8.

Di questo contenitore, invero piuttosto ampio, si è scelto di studiare una parte, escludendo dall'analisi testi appartenenti alle seguenti categorie:

  • materiale pubblicitario;

  • avvisi non rivolti al pubblico (p. es. affissioni ad uso interno di un’azienda, di un ufficio, etc.);

  • insegne di esercizi commerciali;

  • testi avente come unica funzione quella di denominare o indicare un referente (p. es. etichette di cibi e vini, didascalie di opere d’arte, etc.);

  • avvisi trasmessi esclusivamente in televisione (p. es. le trasmissioni riprenderanno appena possibile);

  • testi orali (p. es. avvisi audioregistrati o letti in tempo reale e diffusi per mezzo di altoparlanti);

Il taglio della ricerca, ha inoltre determinato l’ovvia esclusione di tutti i testi in lingue diverse dall’italiano e dal tedesco.

2. La comunicazione per mezzo di avvisi pubblici

Spigolando nella vasta bibliografia sulla lingua burocratico-amministrativa, si possono individuare alcuni tratti fondamentali della comunicazione veicolata dagli avvisi pubblici:

1) l’avviso pubblico è un testo di servizio, con funzione informativa e direttiva9;

2) documenti di cui ci occupiamo sono prodotti da un soggetto “erogatore di beni e servizi” o “regolatore della vita pubblica” e rivolti a un “fruitore finale”. Quest'ultimo non è un individuo o un gruppo di individui specifici; gli avvisi pubblici si rivolgono, piuttosto, all’intero corpo sociale o da un suo sottogruppo (i cittadini di un comune, gli studenti di un ateneo, l'utenza di una banca etc.);

3) la comunicazione è asimmetrica: emittente e ricevente non si scambiano i ruoli. Possibili forme di “risposta” scritta sul supporto dell’avviso, a carattere ironico o polemico, più che rivolgersi direttamente all’estensore dell’avviso stesso, hanno come destinatari gli altri suoi utenti: la scritta cambiatela! sul cartello non aprire / pericolante affisso su una finestra rotta, produce un moto di solidarietà nello studente che, percorrendo il corridoio di una facoltà universitaria, prova lo stesso di sconforto che ha portato il suo collega a vergare l’ironica protesta;

4) linguisticamente, gli avvisi si inseriscono nel solco di tradizioni discorsive10 che mettono a disposizione dei loro estensori alcuni modelli ricorrenti. Questi modelli (presi in prestito soprattutto dal linguaggio giuridico) possono talora entrare in conflitto con l’efficienza comunicativa, che è il fine ultimo dell’avviso. L’efficienza comunicativa è un obiettivo difficile da raggiungere a causa delle condizioni in cui si può trovare il destinatario di un avviso: mancanza di tempo per soffermarsi sul testo; impossibilità a rileggere o a prendere appunti scritti; ambiente non adatto alla lettura (distanza dall’avviso, confusione, cattiva illuminazione etc.). Inoltre il destinatario può essere poco motivato, poco incline alla lettura in genere o avere una scarsa padronanza della lingua.11 Per queste ragioni l’avviso pubblico deve essere sintetico e chiaro come e più di altri testi di servizio.

3. Caratteristiche formali e particolarità linguistiche degli avvisi pubblici

La tradizione discorsiva burocratica, il tipo di messaggio veicolato e le condizioni di fruizione di quest’ultimo formano un intreccio complesso che determina, in modo non sempre coerente, la “forma” degli avvisi pubblici.

Rispetto ad altri testi di servizio, negli avvisi assumono una maggiore importanza gli aspetti grafici12. Dimensioni del supporto; tipo e dimensioni del carattere; impaginazione e spaziature; contrasto fra il colore dello sfondo e quello del testo: sono tutti elementi fondamentali per la visibilità e la leggibilità del messaggio. Per strutturare gerarchicamente le informazioni, dando rilievo a certe parti rispetto alle altre, sono inoltre molto sfruttati il grassetto, il corsivo, il maiuscolo, il maiuscoletto, le sottolineature e l’uso di più colori. Talora queste strategie sono combinate fra loro, con eccessi che producono un effetto opposto a quello desiderato. Frequentemente al messaggio verbale si accompagna quello iconografico (p. es. nelle istruzioni o nei regolamenti, in cui gli enunciati fungono da didascalie all’immagine).

I caratteri più propriamente linguistici di un avviso si concentrano, ovviamente, nei settori della morfosintassi e del lessico. Anche in questo caso, l’arco della variazione è piuttosto ampio e legato al contenuto. Non di rado l’avviso serve a diffondere il contenuto di altri documenti, soprattutto giuridici o burocratici. Da questi documenti dipendono anche le strutture linguistiche impiegate: il testo di partenza può essere ripreso alla lettera oppure riformulato con diversi gradi di libertà, lasciando comunque nell’avviso le tracce di una tradizione discorsiva.

Il linguaggio telegrafico, criticabile in altri contesti, è invece giustificato in molti avvisi: la semplicità del messaggio e la posizione dell’avviso permettono inferenze che sarebbero altrimenti impossibili. In generale, si tende a ridurre al minimo l’informazione sintattica, facendo prevalere quella lessicale. Il predicato nominale rinuncia alla copula: vietato l’ingresso, vietato fumare, vietato fotografare etc. Spesso il messaggio è costituito da sintagmi giustapposti, cui la situazione comunicativa restituisce coerenza: leggendo non aprire / pericolante, affisso su una finestra, si può facilmente inferire la frase soggiacente non aprire la finestra poiché (essa) è pericolante.

Tra le inferenze possibili, ci sono quelle legate alla deissi. Rispetto ad altri tipi di testo, di cui non è possibile prestabilire il luogo di fruizione, l’avviso pubblico permette il ricorso a deittici spaziali13: Qui non usare acqua per spegnere incendi. Più difficile è il riferimento al momento dell’enunciazione, a meno che l’affissione non sia temporanea: Concorso in atto / non disturbare ha un senso solo se l’avviso viene affisso durante lo svolgimento della prova e prontamente rimosso al termine di quest’ultima14.

Di segno opposto al linguaggio telegrafico è il fenomeno della nominalizzazione, tipico dello stile giuridico e amministrativo: Non rimettere a posto il volume dopo la sua consultazione ma depositarlo sugli appositi carrelli; il personale provvederà poi alla sua ricollocazione può essere riformulato come Non rimettere a posto il volume dopo averlo consultato ma depositarlo sugli appositi carrelli; il personale provvederà poi a ricollocarlo o, meglio ancora, a rimetterlo a posto15. In questo caso ridurre la subordinazione (o, per meglio dire, il numero delle subordinate) non compensa lo svantaggio causato da un enunciato meno naturale e più ambiguo (il possessivo sua potrebbe riferirsi anche al sostantivo personale) e non riduce il numero delle parole: non giova, cioè, alla sintesi.16

Il ricorso a forme verbali passive e impersonali è frequente: esse spersonalizzano il messaggio, il cui emittente è spesso non già una persona fisica, un singolo, ma piuttosto un ente, un’azienda, una collettività di individui. Obliterando il soggetto logico dell’azione (l’emittente), si sposta l’attenzione sul destinatario del messaggio. Psicologicamente, l’abuso di queste forme può generare nel lettore un senso di smarrimento e di distanza dal soggetto che produce l’avviso17; può inoltre degradare la qualità e l’intelligibilità del testo: in Se si [= ricevente] ritiene di aderire si [= emittente] prega di compilare il questionario fornito in sala d’aspetto. / Si [= emittente] ringrazia per la collaborazione le forme impersonali obliterano la differenza linguistica fra emittente e destinatario, generando ambiguità.

Nelle formule di apertura (sede privilegiata delle forme passive e impersonali), si inserisce spesso (e, per lo più, inutilmente) un verbo performativo che esplicita l’atto linguistico: si informa che, si rende noto che, si fa presente che etc. Fortis (p. 64) parla di «formule di esordio con verbi fatici, tipiche delle lettere burocratiche, degli avvisi o di certe circolari [...], con le quali si fornisce un’inutile descrizione metalinguistica dell’atto compiuto, anziché compierlo direttamente e semplicemente (come se non fosse scontato che i testi in questione trasmettano informazioni)».18 Nel caso del verbo pregare o invitare usato in apertura di testi regolativi è evidente la volontà di attenuare il messaggio: la invito a rispettare scrupolosamente alcune regole19.

Questo tratto non favorisce la comunicazione: allunga un testo che, per le particolari condizioni di fruizione, dovrebbe coniugare sintesi e chiarezza; aggiunge un livello al grado di subordinazione presente nel periodo, complicandone la sintassi; non aggiunge nulla sul piano informativo (per realizzare un atto linguistico è infatti sufficiente compierlo). Si può riformulare un Si informano i cittadini che allo sportello sarà servito soltanto chi è provvisto di un proprio numero come Allo sportello sarà servito soltanto chi è provviso di un proprio numero senza pregiudicare, potenziando anzi l’efficacia del messaggio. Nel linguaggio burocratico tedesco è spesso usata la formula di apertura Es wird darauf hingewiesen, dass… Negli avvisi si può trovare la fomula Bitte beachten Sie, dass…, talvolta preceduto da un appellativo generico quale Sehr geehrte Damen und Herren / … Fahrgäste / … Kunden etc.

La presenza di stringhe testuali poco informative colpisce anche i titoli, che potrebbero essere usati per gerarchizzare le informazioni, per selezionare i destinatari e indirizzarne l’attenzione sull’argomento del testo. Raramente gli estensori sfruttano queste possibilità, preferendo piuttosto soluzioni semanticamente “vuote”: avviso, avviso pubblico, avviso all’utenza, avviso agli studenti. Meno frequenti, ma assai più utili, sono i titoli che contengono, sintetizzandola, l’informazione principale presente nel testo: Avviso variazione orario di segretariato sociale.

Nel lessico, come in altri testi burocratici, si preferiscono parole ed espressioni meno comuni di altre: insudiciare per sporcare; negazione + alcuno per nessuno. Più un avviso dipende dalla tradizione del linguaggio giuridico (p. es. nelle affissioni dei regolamenti, che possono contenere riferimenti più o meno espliciti a testi legislativi), più è forte la tendenza arcaizzante, nella scelta dei vocaboli come in quella delle forme: un esempio è la -d eufonica dopo la congiunzione disgiuntiva o. Nei casi peggiori si incontrano ancora esempi di ciò che Italo Calvino, nel 1965 (p. 122), chiamò polemicamente «terrore semantico» nei confronti delle espressioni semplici e chiare, che ha come conseguenza l’occultamento della concreta intenzione comunicativa.20

Se è difficile individuare tecnicismi propri della lingua burocratica in genere, è praticamente impossibile farlo per quella degli avvisi pubblici. Ci troviamo in presenza di una «lingua settoriale non specialistica», come la definisce Sobrero (p. 237), utilizzabile per trattare (quasi) qualsiasi argomento.21 Per tale ragione, nel testo degli avvisi confluiscono spesso termini di altri sottocodici, propri della materia di cui si occupa il messaggio; non di rado si tratta di tecnicismi collaterali, non funzionali all’esatta definizione di un referente (che sarebbe possibile designare con un vocabolo comune), quanto finalizzati a innalzare il tono del testo; a qualificarlo come specialistico; a costruire una tradizione discorsiva nuova o a inserirsi nel solco di una già esistente. Ritirata, vocabolo che designa la latrina delle vetture ferroviarie, appartiene alla tradizione degli avvisi e dei regolamenti presenti sui treni italiani; si tratta di un vocabolo che appartiene alla nostra competenza passiva più che a quella attiva22. Una recente affissione informava gli utenti di una biblioteca universitaria circa i disagi che sarebbero stati provocati dai lavori di pulizia straordinaria, vale a dire la depolveratura di libri e scaffali. Quale effetto produce nel lettore l’uso del termine biblioteconomico depolveratura23? Per chi lo usa, forse, esso nobilita l’umile operazione della spolveratura, elevandola a lavoro altamente specializzato; in chi legge, sempre il messaggio sia correttamente decodificato24, è probabile che il vocabolo susciti un modo di sorpresa ilarità.

Rispetto all’uso, talora improprio ed eccessivo, dei tecnicismi, non mancano tuttavia tendenze di segno opposto, soprattutto nei casi in cui il testo è meno vincolato ad un “antigrafo” costituito da un atto amministrativo o da un testo giuridico. Su un distributore automatico di biglietti, collocato a bordo di un autobus, abbiamo trovato il semplice biglietto in luogo della locuzione titolo di viaggio. Osserva Serianni (p. 129-130) che tale locuzione è un tecnicismo necessario quando si riferisce all’insieme di documenti che garantiscono e attestano il diritto al trasporto pubblico (non solo biglietti ma anche abbonamenti e carte di esenzione); diventa invece un tecnicismo collaterale quando si riferisce al solo biglietto (parola, fra l’altro, più precisa di titolo di viaggio, che ne costituisce un iperonimo).25 Un altro esempio riguarda ritirata, di cui si è già parlato: sentita come poco “viva” nella coscienza dei parlanti, questa parola è sostituita, in molti treni di recente costruzione o restyling, con parole più correnti, come toilette o WC. All'insidia del tecnicismo collaterale non sfugge neppure la lingua tedesca: Treppenanlagen (letteralmente ‘impianti di scale’) in luogo di Treppen ‘scale’.

Un’altra caratteristica del linguaggio degli avvisi è la presenza di perifrasi e locuzioni. Molte perifrasi verbali sostituiscono i verbi semplici essere tenuto (vs dovere). A volte, come accade di frequente nel linguaggio burocratico, un verbo semplice è sostituito da una perifrasi V + N, in cui il carico semantico dell’espressione è assunto dal sostantivo, mentre il verbo ha una funzione meramente grammaticale: [i dati personali] non saranno sottoposti ad alcuna forma di registrazione o conservazione vs non saranno registrati né conservati; è frequente anche il ricorso a locuzioni congiuntive e preposizionali, a volte sostituibili con congiunzioni e preposizioni semplici: in occasione di, al fine di. Queste locuzioni appesantiscono, allungano e rendono meno comprensibile il testo da parte dell’utente.

Negli avvisi è forte la presenza di sigle, acronimi e abbreviazioni26: in alcuni casi si sintetizzano locuzioni di uso comune o presunto tale: p.v. per prossimo venturo; c.m. per corrente mese. Frequente è inoltre il ricorso ad acronimi che si riferiscono ai soggetti pubblici coinvolti nel messaggio (p. es. UOSECS per ‘Unità Organizzativa Socio-Educativa-Culturale-Sportiva’). Il ricorso a questi strumenti viene incontro all’esigenza di spazio; spesso tuttavia ne fa le spese la comprensibilità dell’avviso, laddove il parlante non sia in grado di interpretare correttamente la sigla o l’abbreviazione. Il mancato scioglimento di una sigla produce un vantaggio (in termini di spazio) inferiore al danno causato all’efficacia comunicativa. Salta all’occhio la scarsa presenza di abbreviazioni e sigle in tedesco: fra i pochi esempi trovati segnaliamo Strafgesetzb., abbreviazione non ufficiale di Strafgesetzbuch ‘codice penale’27.

4. Avvisi pubblici e testi legislativi

Un fattore determinante per la forma dell’avviso pubblico in Italia è lo stretto rapporto fra quest’ultimo e il testo legislativo. La legislazione, spesso, non si limita a imporre la presenza di avvisi in certi luoghi, ma ne prestabilisce anche la forma e la posizione: l’art. 19 del Decreto del Presidente della Repubblica n° 753 dell’11 Luglio 1980 prevede che il divieto di accesso o di sosta «in determinate aree, recinti ed impianti» (Comma 3) ferroviari sia segnalato «con appositi cartelli di divieto», da apporre «previo nulla osta dell’autorità giudiziaria competente per territorio» (Comma 4).

Nel testo degli avvisi italiani è particolarmente frequente il rimando esplicito alla norma che regola la prescrizione. Nel divieto di fumo, una prima differenza tra le consuetudini dei due paesi riguarda l’oscillazione linguistica: rispetto alla varietà di forme usate dal tedesco per indicare questo divieto (p. es. Rauchverbot, Rauchen verboten, Nicht rauchen; nel caso di una stazione ferroviaria, Rauchfreier Bahhof ‘stazione senza fumo’), salta all’occhio l’onnipresenza del vietato fumare italiano. Questa formula è presente nel testo del regolamento attuativo del secondo comma dell’art. 51 della Legge 3 del 2003, che fornisce (tra le altre cose) indicazioni molto precise circa la cartellonistica da apporre nei locali per i non fumatori, richiedendo «l’indicazione della prescrizione di legge, delle sanzioni applicabili ai contravventori e dei soggetti cui spetta vigilare sull’osservanza del divieto e accertare le infrazioni». Oltre a cartelli di questo tipo, «da collocare nei luoghi di accesso o di particolare evidenza», lo stesso regolamento sollecita l’uso di cartelli supplementari con la semplice scritta vietato fumare. Tutte queste informazioni, sia nei cartelli prodotti industrialmente sia in quelli realizzati con il computer da impiegati di ufficio, si trovano in corpo minore, generalmente sotto la scritta contenente il divieto e la relativa icona; citano espressamente il riferimento alla Legge 3 del 2003, aggiungendovi l’indicazione, poco utile ai fini informativi, e successive modificazioni. Talora il riferimento è più ampio e dettagliato e ripercorre l’intero iter legislativo, dalla Legge 584 del 1975, fino ai più recenti sviluppi della legislazione antifumo. Si conserva il tono e il linguaggio del testo di legge, da cui si riprendono interi brani, scarsamente rielaborati.28

In Germania l’esplicitazione del testo legislativo è assai più rara: l’unico caso che ci sia stato possibile riscontrare riguarda un divieto di affissione, in cui si richiama l’articolo 303 del codice penale, senza però citarne il testo. È possibile che si tratti di una strategia deterrente, mirata ad aumentare il peso, nella coscienza del destinatario, di quello che viene solitamente ritenuto un reato minore (o un non-reato).

Molti dei difetti imputati al linguaggio burocratico (prolissità, arcaismi, tecnicismi collaterali) sono caratteristiche del linguaggio giuridico.29 Non ostante i passi in avanti compiuti, nel secondo decennio del XXI secolo la tradizione culturale e discorsiva di certi uffici è presente nella coscienza linguistica dell’estensore di avvisi pubblici: numerosi elementi di quell’antilingua su cui ironizzava Calvino negli anni ’60 appaiono ancora oggi in documenti non vincolati a un testo legislativo o a un atto amministrativo.30 Anche gli avvisi esposti all'interno o all'esterno di esercizi commerciali possono conservare questo amaro retrogusto: si comunica alla gentile clientela che l’agenzia effettuerà il seguente orario fino al venerdì 15 ottobre.

5. Avvisi pubblici e linguaggio pubblicitario

Sintetizzando quanto detto finora, possiamo dire che la tradizione discorsiva degli avvisi pubblici assomma tratti caratteristici propri, legati alla situazione comunicativa, a tratti del linguaggio burocratico, non sempre coerenti con le finalità perseguite dall'avviso.

Una terza componente (specchio forse dei tempi che cambiano) è frutto dell'applicazione, più o meno consapevole e corretta, di strategie discorsive tipiche del linguaggio pubblicitario. A titolo di esempio di un fenomeno che meriterebbe un'analisi specifica, si citano due casi: in Italia, l'allocuzione diretta al cliente/utente, in seconda persona, presente nell'avviso alla clientela di un ufficio postale: Se acquisti tra i prodotti dell'offerta Posteshop un'apparecchiatura elettrica o elettronica, il tuo rivenditore potrà ritirare gratuitamente il tuo apparecchio usato equivalente e lo avvierà al recupero e riciclo in sicurezza; in Germania, un cartello della Deutsche Bahn, che riporta il regolamento delle ferrovie, evidenzia i vantaggi che l'utente trarrà dal rispetto delle norme: Wir möchten, dass sich alle Fahrgäste in unseren Zügen wohlfühlen. / Dies erfordert ein gewisses Maß an gegenseitiger Rücksichtnahme.31

6. Conclusioni

Si è cercato di mostrare come il linguaggio degli avvisi pubblici sia caratterizzato da un campo di tensione tra aspetti pragmatici (finalità / funzionalità) e tradizioni discorsive. Il linguaggio burocratico è di gran lunga il punto di riferimento più importante, anche se ad esso si sovrappongono tradizioni diverse: nei prossimi anni, quella del linguaggio pubblicitario potrebbe rinnovare il modello tradizionale dell’avviso.

Questi elementi sono presenti sia in Italia sia in Germania. Diverso è il modo di mescolarli e servirsene: il legame fra testo legislativo e avviso, fra norma giuridica e rappresentazione linguistica, è più forte nel nostro paese e contribuisce a ridurre la distanza fra l'avviso e testi più vincolati. In Germania il libero rapporto col modello giuridico-burocratico è forse alla base della minore formularità della lingua degli avvisi32. Questa libertà si manifesta anche nella disinvolta colloquialità di certi testi, in cui è evidente il tentativo di far leva sull'emotività del lettore33.

Nel presente studio il confronto con la lingua tedesca è servito soprattutto a delineare i caratteri dell'avviso pubblico in Italia: i primi sondaggi, tuttavia, suggeriscono di approfondire l'esplorazione e il confronto sistematico fra le due lingue. Si pone tuttavia un problema di ordine metodologico: è possibile fondare scientificamente uno studio che metta in relazione le differenze linguistiche e quelle culturali di due popoli? In che modo e in che misura? Le specificità culturali delle società umane sono oggetto di studio di varie discipline, tra cui l’antropologia culturale, la psicologia e la sociologia. Loenhoff (p. 108) individua tre problemi principali del confronto fra le culture: (a) la possibilità di sviluppare strumenti di analisi indipendenti dalla cultura di un luogo specifico; (b) l’affermazione acritica dell’omogeneità e unitarietà di una cultura; (c) l’ipotesi (idealizzante) di coincidenza tra i confini politici, ben definiti, e quelli culturali, più sfuggenti.34 Tener conto di tali problemi può essere assai utile anche al linguista, per non cadere nella trappola delle generalizzazioni e delle banalizzazioni.

Ciò non significa che manchino studi scientifici sulla specificità culturale di schemi o pattern testuali. Warnke (p. 243), in una prospettiva pragmalinguistica, definisce il termine cultura come la «Einheit einer kommunikativen Praxis bzw. des standardisierten verbalen Handelns innerhalb nationalsprachlicher Grenzen».35 Secondo lo studioso, l’analisi comparativa di generi testuali in due o più lingue farebbe emergere più chiaramente la riconducibilità di diverse realizzazioni linguistiche a fattori culturali. I prossimi passi della nostra ricerca saranno mossi in questa direzione.

[da Atti del IX Convegno dell'Associazione per la Storia della Lingua Italiana (Firenze, 2 - 4 dicembre 2010), a cura di A. Nesi, in stampa]


* Data l'occasione, ci è sembrato opportuno concentrare l'analisi sulla lingua italiana. Del tedesco ci siamo limitati a richiamare alcuni aspetti, per meglio evidenziare i caratteri della nostra lingua, riservandoci la possibilità di approfondire il confronto in futuri contributi. A tale scopo abbiamo allestito anche uno spazio web, raggiungibile all'indirizzo http://www.francescobianco.net/linguistica/avvisipubblici, che ospiterà il materiale raccolto e le relative analisi. Vi si trova già il presente contributo, arricchito di immagini che non è stato possibile inserire nel testo predisposto per gli atti.

1 La parola italiana avviso non ha un traducente univoco in tedesco; esistono, piuttosto, diversi vocaboli, ciascuno dei quali mette in evidenza un aspetto: Hinweis e Warnung sottolineano la trasmissione delle informazioni (‘avvertenza’); Bekanntmachung l'intenzione di rendere pubblicamente noto il messaggio (‘comunicato’), Anschlag e Aushang infine la prassi di affiggere l'avviso a una tavola, a una porta d’ingresso, a una bacheca o a una parete (‘affissione’). Tutti questi vocaboli hanno in comune la possibilità di tradurre il sintagma ‘avviso pubblico’; al significato di avviso, senza altre specificazioni, si avvicinano anche Benachrichtigung o Bescheid . Va notato come i vocaboli Hinweis e Warnung, in certi contesti, si riferiscano ad “avvisi” rivolti a un singolo e definito individuo, piuttosto che ad un contesto “pubblico”.

2 Così li chiama Raso (Tommaso Raso, La scrittura burocratica, Roma 2005, p. 67).

3 In questa sede si accoglie l'idea di Mancini (p. IX), secondo cui i promotori/emittenti della comunicazione pubblica possono essere «organizzazioni sia pubbliche che private o semipubbliche. [...] Per istituzioni semipubbliche si intendono quelle che, come i partiti, sono soggetti di diritto privato, ma intervengono stabilmente e conitinuativamente su argomenti di interesse pubblico. Sono [...] quelle istituzioni che si pongono fra lo stato e i cittadini, che organizzano la loro partecipazione nello stato e nei confronti dello stato. In alcuni casi, come quello dei partiti, esse sono finanziate anche con denaro pubblico, in altri, come nel caso delle organizzazioni sindacali o dell'imprenditoria, pur reggendosi esclusivamente su finanziamenti privati, hanno un compito prioritario di rappresentanza e contrattazione di interessi anche nei confronti dello stato. Ci sono infine altre istituzioni di più stretta natura privata: sono quelle organizzazioni frutto della libera volontà dei cittadini ad organizzarsi per intervenire anche, ma non esclusivamente, su argomenti di interesse pubblico, non necessariamente legati al campo dell'intervento dello stato».
(Paolo Mancini, Manuale di comunicazione pubblica, Laterza, Roma-Bari
52008). Cfr. anche Raso, La scrittura, cit., p. 21.

4 Wolfgang Heinemann - Dieter Viehweger, Textlinguistik. Eine Einführung, Tübingen 1991.

5 Hildegard Wagner, Die deutsche Verwaltungssprache der Gegenwart, Düsseldorf 1970.

6 Elisabeth Gülich - Wolfgang Raible, Textsorten-Probleme, in: Linguistische Probleme der Textanalyse. Jahrbuch des IDS, Düsseldorf 1973, pp. 144-197.

7 Mary Snell-Hornby, The linguistic structure of public directives in German and English, «Multilingua» III/4 (1984), pp. 203-212.

8 Michael Becker-Mrotzek - Maximilian Scherner, Textsorten der Verwaltung (Text Types in Administration), in: Text- und Gesprächslinguistik / Linguistics of Text and Conversation, a cura di Brinker - Antos - Heinemann - Sager, Berlin - New York 2000, pp. 628-641.

9 «Un testo di servizio è un testo informativo con una forte componente pragmatica. Esso si differenzia da altri testi informativi (narrativi, argomentativi, | scientifici, cronachistici ecc.) in quanto non si limita a trasmettere solo un contenuto referenziale, cioè notizie su una certa situazione. [...] Il testo informativo di servizio mira a trasferire conoscenze al destinatario perché questi le utilizzi, in tempi definiti, per regolare il suo comportamento pratico.». (Tullio De Mauro, Nota linguistica sulla bolletta Enel, in: Dante, il gendarme e la bolletta. La comunicazione pubblica in Italia e la nuova bolletta Emel, a cura di Tullio De Mauro e Massimo Vedovelli, Roma-Bari 2001, pp. 15-31; pp. cit. 18-19). Snell-Hornby divide i possibili atti linguistici dotati di funzione direttiva in ingiunzioni, ordini, avvertimenti e divieti (Snell-Hornby, The linguistic structure, cit.).

10 Per il concetto di Diskurstraditionen (tradizioni discorsive) cfr. Raymund Wilhelm, Diskurstraditionen, in «La lingua italiana» 1 (2005), pp. 157-161.

11 Come osservano gli autori di manuali dedicati alla comunicazione pubblica (p. es. Raso, La scrittura, cit., pp. 22-23), i testi burocratici sono indirizzati anche a coloro che, per ragioni diverse, sono meno esposti alla lettura: persone che, pur non leggendo mai o quasi mai libri, periodici o quotidiani, non possono sottrarsi al confronto con una multa, una bolletta o un cartello stradale.

12 Il discorso non riguarda, se non in maniera del tutto parziale, gli avvisi scritti a mano, legati per lo più all’urgenza del momento (p. es. la segnalazione di un guasto).

13 Giacché, come è evidente, il luogo dell’enunciazione e quello della fruizione coincidono.

14 Appartiene all’esperienza di chi scrive l’aver trovato (per più giorni), sulla porta dello studio di un docente universitario, il seguente avviso: si comunica che, a causa di un impegno congressuale, oggi il prof. X non potrà tenere la consueta lezione. Assai più avveduto sarebbe stato l’estensore che, in luogo dell’avverbio di tempo oggi, avesse specificato la data o le date cui si riferiva il messaggio.

15 Cfr. più avanti, a proposito del vocabolario degli avvisi pubblici e dei testi burocratici in genere.

16 A proposito del linguaggio burocratico, Cortelazzo - Viale (p. 2118) fanno notare che «l’unione tra complessità lessicale e complessità morfologica genera ‘ipertrofia’: la lingua burocratica utilizza più parole di quella comune per dire le stesse cose»; questo paradosso riguarda tutti i documenti amministrativi, ma è tanto più criticabile negli avvisi pubblici; il danno sarebbe meno grave se l’uso di un maggior numero di parole fosse messo al servizio della chiarezza, spesso pregiudicata dal lessico inutilmente complicato ed arcaico.
(Michele A. Cortelazzo - Matteo Viale, Storia del linguaggio politico, giuridico e amministrativo nella Romania: italiano, in Histoire linguistique de la Romania / Romanische Sprachgeschichte, a cura di Ernst - Gleßgen - Schmitt - Schweickard, II, Berlin - New York 2006, pp. 2112–2123).

17 Come osserva Dardano (p. 186), quella burocratica è una lingua «astratta, solenne, tecnicizzata, in funzione del prestigio e del potere che detiene il diffusore del messaggio. Da questa prassi consegue una sclerosi del pensiero che si sorregge sui trampoli di locuzioni fruste e cristallizzate. Ufficialità, reticenza e straniamento sono i caratteri che il messaggio assume nell’esercizio del potere».

(Maurizio Dardano, Il linguaggio dei giornali italiani, Roma - Bari 1986).

18 Daniele Fortis, Il linguaggio amministrativo italiano, in «Revista de Llengua i Dret» 43 (2005), pp. 47-116.

19 In questo caso è opportuno notare che la presenza del verbo performativo permette all’autore dell’avviso di rivolgersi direttamente a ciascun singolo utente, con cui prova a stabilire un rapporto empatico. Non a caso, il contesto di emissione del messaggio è quello di una biblioteca specializzata, frequentata per lo più da un’utenza abituale.

20 Italo Calvino, Per ora sommersi dall’antilingua, «Il Giorno», 3 febbraio 1965 (ora in Una pietra sopra, Torino 1980, pp. 122-126).

21 Alberto A. Sobrero, Lingue speciali, in Introduzione all’italiano contemporaneo. La variazione e gli usi, a cura di Alberto A. Sobrero, Roma - Bari 1993, pp. 237-277.

22 L’impiego del vocabolo ritirata, sui treni, è stato oggetto di un divertente sketch del comico Gioele Dix (cfr. http://www.francescobianco.net/linguistica/avvisipubblici/gioeledixritirata.htm).

23 Col significato di ‘rimozione della polvere dai volumi conservati in una biblioteca’ il GRADIT riporta il vocabolo depolverazione.

(GRADIT. Grande dizionario italiano dell’uso, a cura di Tullio De Mauro, Torino 22007, s.v.).

24 È più che lecito supporre che l’utente medio di una biblioteca universitaria non abbia alcuna difficoltà in tal senso. Meno scontata è questa ipotesi nel caso di un utente non italofono: ad esempio, uno studente straniero appena arrivato in Italia.

25 Luca Serianni, Italiani scritti, Bologna 22007. In tedesco si ricorre alla formula Gültige Fahrerlaubnis ‛permesso di viaggio valido’.

26 Cfr. ibid., p. 132.

27 In questo caso il “risparmio” rispetto all'uso del vocabolo non abbreviato ammonta a due soli caratteri; più utile, sotto questo aspetto, sarebbe stata l'abbreviazione StGB, in uso nel tedesco giuridico ma forse poco comprensibile per il cittadino medio.

28 Altri esempi: un avviso che informa gli utenti di una biblioteca sul quantitativo di pagine che è possibile fotocopiare da un libro riporta il riferimento alla l. 18 agosto 2000, n. 248 e al dlgs. 9 aprile 2003, n. 68; un cartello che vieta l’accesso a zone di una stazione ferroviaria riservate agli addetti ai lavori riporta l’indicazione del già menzionato Art. 19 D.P.R. 11 Luglio 1980 n° 753, unitamente all’importo dell’ammenda.

29 «Perché allora i testi burocratici non puntano direttamente alla capacità comunicativa? [...] Ciò accade perché risentono delle caratteristiche dei testi che ne costituiscono la fonte, cioè i testi legislativi e l'ampia produzione di norme che a essi si collega» (Raso, La scrittura, cit., p. 29). I linguisti (p. es. Serianni, Italiani scritti, cit., p. 126 e Tommaso Raso, La scrittura, cit., p. 30) sono più o meno concordi nel giudicare in modo differente il linguaggio amministrativo e quello giuridico. Diversi sono, infatti, i destinatari delle due varietà: quello «di un testo giuridico o legislativo è, di solito, uno specialista (un giurista, un avvocato, un tecnico), quello di un testo burocratico no» (Tommaso Raso, La scrittura, cit., ivi). Più recentemente Gianrico Carofiglio (p. 128) ha esteso il giudizio negativo all'attuale lingua del diritto, considerata «sacerdotale piuttosto che tecnica, in cui l'oscurità non necessaria è cifra stilistica, negazione del linguaggio e della sua funzione comunicativa e, soprattutto, sottile, iniziatica, autoritaria forma di esercizio del potere» (Gianrico Carofiglio, Le parole del diritto in Id., La manomissione delle parole, Milano 2010, pp. 127-143). Secondo il magistrato-scrittore un commendabile esempio di buon italiano giuridico è la Costituzione, sulla cui qualità si sono già espressi vari studiosi della lingua: cfr., p. es., Tullio De Mauro, Introduzione in Costituzione della Repubblica Italiana (1947), Roma-Torino 2006, pp. VII-XXXII (ripubblicato, col titolo Il linguaggio della Costituzione e con lievi modifiche, in «Lid'o», VI, 2009, pp. 31-42; nello stesso numero della rivista cfr. anche Michele A. Cortelazzo, Un elogio linguistico, pp. 43-52, che a p. 43 dichiara la propria «ammirazione di fronte al carattere esemplare della lingua usata dai padri costituenti nel redigere il testo fondamentale della nostra Repubblica. Un'esemplarità che non è riuscita a costituire un modello per i legislatori successivi, anche quando hanno agito sul testo stesso della Costituzione»); fra gli interventi più recenti, cfr. ancora Tullio De Mauro, Costituzione in Itabolario. L'Italia unita in 150 parole, a cura di Massimo Arcangeli, Roma 2011, s.v.

30 Calvino, Per ora sommersi, cit., p. 122.

31 Insolita, nel titolo dell'avviso, è la presenza del vocabolo Knigge 'galateo'.

32 Si pensi ad esempio al confronto fra i cartelli che segnalano il divieto di fumo nei due paesi.

33 Un esempio: Liebe Gäste! Hier gilt das gesetzliche Rauchverbot - bitte haben Sie Verständnis!. ('Gentili clienti!

Qui vige il divieto di fumo – Per favore, siate comprensivi!').

34 Jens Loenhoff, Kulturvergleich und interkulturelle Kommunikation, in «Germanistisches Jahrbuch GUS ‚Das Wort’» (2003), pp. 105-114.

35 Ingo Warnke, Intrakulturell vs. interkulturell – Zur kulturellen Bedingtheit von Textsorten, in Zur Kulturspezifik von Textsorten, a cura di Ulla Fix - Stephan Habscheid - Josef Klein, Tübingen 2001, pp. 241-254.

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